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martedì 7 dicembre 2010

La donna della nostra vita è sempre la mamma....

LA DONNA DELLA MIA VITA
di Luca Lucini, 2010

Due fratelli sono innamorati della stessa donna, senza saperlo. Ma la vera donna della loro vita è un’altra: la mamma. Questa mamma ingombrante e premurosa (Sandrelli) che ci introduce fin da subito nel film diventa man mano la vera protagonista del film. La ragazza contesa (Lodovini) perde man mano di spessore e relega la brava attrice a un ruolo poco gratificante. Non va meglio ai due personaggi maschili interpretati da Argentero, all’inizio presentato come timido protagonista che perde di visibilità nella sua evoluzione; e Gassman che vive il procedimento contrario, acquistando lentamente maggior spessore drammatico, tanto da diventare il più credibile dei personaggi.

La summa di questa commedia degli equivoci, da un soggetto di Cristina Comencini sviluppato in una commedia molto teatrale da Teresa Ciabatti e Giulia Calenda è che nulla è come sembra. Nulla di nuovo, dunque. Ma la pellicola spinge su questo accumulo di equivoci fino alla fine, disseminando nel film una serie di colpi di scena che convergono alla figura materna protettrice, amorevole e diabolica allo stesso tempo. Peccato che il film non si soffermi affatto su questo interessantissimo ultimo aspetto e risolva tutto in un battito di ciglia di una sempre ottima Stefania Sandrelli. Gli altri interpreti, alle prese con un copione teatrale imperfetto, sono in balia di personaggi malamente tratteggiati ai quali riescono dare vivacità solo a guizzi. Così le loro performance ne risentono notevolmente, obbligando Argentero a sfoggiare un ripetitivo sorriso per tutta la seconda parte del film e rinchiudendo la Lodovini in un personaggio senza troppi slanci emotivi. Meglio per la Bergamasco (nei panni della moglie tradita) e Colangelo (nel ruolo di marito della Sandrelli), che con ruoli ridotti, riescono a brillare.

Un’occasione un po’ sprecata per Luca Lucini che firma probabilmente il suo film più debole (sorvolando il famigerato Tre metri sopra il cielo) e ambizioso: da sempre ispirato dalla commedia statunitense, questa volta mira a Cukor e a Sirk, fallendo.

Eppure il marchio Cattleya continua a farsi apprezzare nel panorama italiano grazie al suo garbo e al respiro internazionale delle sue pellicole. E nonostante non venga offerta alcuna battuta memorabile in due ore di lunghi dialoghi, il film si lascia vedere grazie a una schiera di attori che per quanto spaesati, rappresentano il passato (Sandrelli), il presente (Argentero) e il futuro (Lodovini) del nostro cinema.

VOTO: 6+

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